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E non ho voglia.
E sono stanca, terribilmente stanca.
E il tempo è sempre troppo poco, e le cose da fare troppe.
E vorrei fare tutto e mi sembra di non riuscire a fare niente.
E mi sembra di non godermi quello che di buono c'è.
E mi dà fastidio stare male, e mi dà fastidio agitarmi, e non sopporto di non sentirmi padrona.
E vorrei cancellare quello che mi fa soffrire.

E vorrei qualcos'altro che forse ancora non so.
Ognuno di noi è colmo di pregi e difetti... i pregi a volte non si notano e a volte si esaltano pure troppo, e i difetti uguale, alcuni si acuiscono e si considerano più vincolanti di quanto non siano in realtà, altri non si notano nemmeno, finchè qualcuno stufo di sopportarli non ce li sbatte in faccia.
Di me... in linea di massima non so dire quali siano gli uni e gli altri; tendo talvolta a sminurmi, talvolta a colpevolizzarmi troppo, e a volte invece a esaltarmi o ad assolvermi troppo in fretta... Di tutti i miei pregi e difetti, siete pur invitati a fare l'elenco, se volete, ma se sto parlando di questo argomento è perchè me ne viene in mente uno che forse, se pure agli altri potrà sembrare quasi innocuo, per me è lacerante... un ENORME bug nel mio carattere è la necessità impellente di piacere. Ho bisogno di sentirmi apprezzata, di sentire valorizzare quel che faccio, di sentirmi benvoluta, di primeggiare nei cuori di chi mi sta a cuore (bisticcio di parole assolutamente voluto, per chi avesse da criticare il mio italiano)...
Direte che è naturale, in realtà a suo modo è una tortura... non mi condiziona al punto di voler essere qualcosa di diverso da me, pur di piacere, questo no: troppa superbia mi appartiene, per  pensare di modificarmi radicalmente in funzione di qualcun altro... però soffro quando non sono al primo posto nell'affetto di chi mi è vicino, soffro nel non vedermi preferire, soffro quando qualcuno mi si allontana, soffro quando qualcuno che stimo non ricambia la mia stima, quando qualcuno che mi manca non sente la mia mancanza (o se la sente, non parla...) ...è lacerante, a suo modo, un modo leggero ma insistente.
Certo, questa stessa cosa mi ha anche portato ad aprirmi a mille cose diverse...voler piacere al mondo mi ha anche spinta a interessarmi a mille mondi diversi, a incuriosirmi verso cose che non facevano parte del mio ambiente, a conoscere settori che molte altre fanciulle interessate solo a trucco&parrucco nemmeno immaginano... Come mi disse P: "sei affascinante perchè sei interessata e interessante"... non so se sia vero che sono affascinante e interessante, so che è vero che sono interessata, che la curiosità, l'ascolto, la comprensione che offro non sono fittizie, non sono solo pose... e in effetti mi sono più volte accorta di piacere proprio per questo...
Che mi piaccia piacere, è una schiavitù. Mi capita in ogni piccola cosa, solo io so quanto gongolo quando mi si dice che ho fatto qualcosa bene, quando catturo l'attenzione di qualcuno, quando faccio un intervento corretto o interessante in facoltà...
Maledizione a me, questa è la mia stupida, stupida vanità.
Finalmente ritrovo il tempo per me e per queste pagine... ne sono stata lontana troppo a lungo, ma sono stata troppo impegnata, troppo carica emotivamente e fisicamente per trovare la pace necessaria a scrivere...

Lo faccio adesso, un pomeriggio di una domenica un po' uggiosa, passata da sola in casa e finalmente con la possibilità di un po' di relax, che fino ad ora lauree, spostamenti, conferenze, impegni mi hanno sottratto... 

Mi sento un po' come questa giornata, oggi... grigia, un po' malinconica, senza far nulla ma senza sentirmi vuota... d'altronde le domeniche mi fanno sempre sentire un po' così, ricordo di avere già scritto qualcosa a riguardo e non voglio ripetermi. Però oggi mi piace. Oggi mi sta bene addosso un po' di calma, un po' di vuoto, un po' di nostalgia, specie se accompagnati da Noa in sottofondo che mi canta Eye in the sky...

Ferma, di questo ho bisogno. Di stare ferma. E' come se avessi un Fast Forward e un Rewind premuti contemporaneamente addosso, ognuno nel suo settore... il tempo mi sta sfuggendo tra le dita, manca un mese a Natale, e nella mia testa ci sono progetti, esami, regali, incontri, scontri, riflessioni, immagini, tutto all'insegna del Tempo... tempo che scarseggia, tempo che manca a qualcosa, tempo dell'attesa, conti alla rovescia, tempo che è già passato... 



Una delle mie riflessioni più frequenti, al momento, riguarda come mi vedono gli altri. La causa è sempre la stessa, l'avere dato a volte immagini di me ambigue, che hanno prodotto effetti che non erano assolutamente nei miei intenti. Mi chiedo se siano gli altri a giudicarmi in modo erroneo, se semplicemente non mi conoscano, se abbiamo parametri di valutazione diversi per cui anche opinioni parecchio discordanti siano inevitabili, o se invece sia effettivamente io a sbagliare qualcosa, a dover modificare certi atteggiamenti... Di base, non mi importa molto delle opinioni altrui, o meglio, mi interessano quelle di alcuni soggetti selezionati, dopodichè le altre magari le ascolto, ma non condizionano il mio agire... certo,questo però finchè in quello che faccio non rischio di coinvolgere in modo indiretto anche altre persone... a quel punto, è lecito che io mi chieda cosa sia giusto e cosa no? e se quello che è giusto per me vada bene in tutti i contesti? Filosofeggiamenti spinti, stasera... 



Per il resto... un episodio di gelosia ha innervosito alcuni e personalmente fatto molto ridere la sottoscritta... capisco il nervoso di M, ma onestamente, non importandomi della persona, essendo la sua reazione un atteggiamento decisamente infantile e soprattutto immotivato, dato che da parte mia non ha il benchè minimo motivo di ingelosirsi... a quel punto, mi fa ridere. Perchè non mi perdo nulla, mentre qualcun altro si fa il sangue acido alle mie spalle... buon per lei... XD



Certe cose si aggiungono, certe cose si costruiscono, certe cose mi mancano. Sogni irritanti vengono a turbare il mio già scarso riposo, lo stress si accumula e il mio corpo ne risente, la paura ancora purtroppo non è del tutto debellata, i miei timori per la sopravvivenza continuano a non darmi la tregua che meriterei... ma pazienza. Anche qui, Tempo. Tempo perchè tutto vada via, tempo perchè le cose prendano la loro giusta piega. Come sempre ormai, Lascio che sia. 
Mi piace l'idea di vivere in una città con un fiume. La mia città natale è vicina al mare, e anche quello ha decisamente il suo significato, ma il fiume è tutta un'altra emozione.
Intanto, hai sempre la possibilità di passarci sopra, di attraversarlo o di costeggiarlo. Puoi seguirne il corso o andare nella direzione opposta, oppure passare da una parte all'altra. A prescindere dalle necessità logistiche quotidiane nel fare una cosa del genere, io lo trovo a suo modo profondamente simbolico, non vi pare?
Il fiume poi, come il mare, è soggetto all'azione degli agenti atmosferici. Il sole lo fa brillare, il tramonto lo fa sparire in una nube rossa, la calma piatta della sera, mista alle luci artificiali della città, lo fanno apparire finto, quasi una distesa di gelatina luccicante. La pioggia e il vento, poi, lo scuotono, lo agitano, lo tempestano.
Qualche giorno fa stavo attraversando il ponte diretta verso le mie lezioni del giorno. C'era un clima terribile, il mio ombrello non voleva saperne di concedermi il giusto riparo, il vento era tagliente e la pioggia non dava tregua... ecco, io in quel momento, guardando il fiume agitato, grigio e irrequieto, l'ho sentito come... un prolungamento di me. Era il riflesso di quello che mi si stava agitando dentro. Io ero l'Arno, in quel breve tratto di ponte di mezzo.
Un breve istante in cui mi sono sentita al mio posto nonostante tutta la mia agitazione, nonostante i miei tormenti e il mio grigiore, perchè non ero sola. Ecco un altro aspetto bello del fiume.
Anche adesso diluvia, più o meno come quel giorno. Stavolta, però, niente Arno a scorrermi dentro. Da casa, da dietro i vetri della mia finestra, sembra che la tempesta là fuori non possa scalfirmi... godo della calma di chi è al riparo... di solito, è la calma prima della tempesta. In questo caso, pare che sia durante. A me non resta che arrivare al dopo. Chissà se domani pioverà ancora?
Rosso.
Rosso fuoco, rosso rabbia, rosso passione, rosso sangue, rosso carne... rosso.
Bianco... bianco purezza, dolcezza, bianco di un'anima semplice, serena, bella.
Blu. Blu del profondo, dell'abisso, dell'inconoscibile, scuro come la notte ma luccicante di stelle, fondo come il mare ma con un relitto prezioso tra i flutti...
Arancione. Arancio vivo, determinato, diretto, un colore che ti va dritto agli occhi, che ti si mostra, che si mescola a fatica ad altri ma che non ignori.
Viola. Viola come somma di altri due, viola che unito al bianco si schiarisce nel delicato rosa, viola che a fianco all'arancio non si intona ma colpisce.


E una matita di quelle con la punta mista, di quelle che mescolano varie tonalità, quelle con cui si giocava da bambini. Una matita che queste tinte le contiene tutte.
Stop.

Finalmente un momento per me, e me soltanto. Non me ne vogliano amici, visitatori, coinquilini, giorni frenetici e ineguagliabili, ma non vedevo l'ora di avere quattro pareti che si chiudessero solo su di me. 

Quest'ultima settimana è stata un turbine di eventi e di emozioni.

Ho fatto cose che il senso comune definirebbe folli, che chi le ha subite giustamente biasima, che chi c'era in mezzo per forza di cose condivide, e che io non potevo in alcun modo evitare, non senza essere in primo luogo scorretta verso qualcosa che sentivo scorrere profonda e viscerale.

"Si dice che ad ogni rinuncia corrisponda una contropartita considerevole"... citazione polivalente, ma nessuna delle sue infinite valenze manca di senso. Ho affrontato una contropartita sui gradini di una chiesa che non era quella che doveva essere, in una città che non ha ospitato quello che ci si aspettava. Ho affrontato contropartite prima e dopo quel momento. Ma quel verso inglese di una canzone che per altro prima di questi giorni ho sempre detestato, in quanto sopravvalutata, continua a girarmi in mente. Non è vero che non c'era posta in gioco, la posta c'è sempre, e forse in questo caso era anche più alta di molti altri giochi... è vero che io non ho giocato per vincere, nè per perdere. Ho corso una staffetta alla cieca. Se vinco, se perdo, sarà il cronometro a deciderlo, saranno quelli a cui, bendata, passerò il testimone. 

"A candle that burns from both sides"... inizio a pensare che non fosse esattamente una candela, ma un esplosivo. 

"Porte che si chiudono, portoni che si aprono"... anche questa è una citazione polivalente. Vale, io penso, un po' per tutti noi.

Mi ricorda un po' l'ascensore di casa mia. E' un modello di quelli vecchi, con la doppia porta, interna ed esterna...se non sono entrambe ben chiuse, il congegno non si attiva. Sembra un po' quello che ho fatto io... voltando le spalle alla porta, ho cercato di andare su senza notare che le porte non erano ben chiuse. Si, ha funzionato... ma proprio perchè non era il modo corretto di avviarlo, giunta al piano non mi avrebbe mai lasciata uscire. Sono tornata indietro, ho chiuso le porte nel modo giusto... Ma a quel punto c'era troppo carico. Ho dovuto chiedere, a malincuore, che qualcuno restasse a terra. E pur sapendo che era la sola opportunità perchè il mio ascensore funzionasse, tornasse a salire, beh, è sempre...scortese dire che non c'è spazio.



Alle porte. Ad ogni direzione in cui possano chiudersi, e aprirsi, sulla vita di ognuno di noi. Sperando che ci guidino verso il posto che meritiamo, bello o brutto che sia. A che ognuno di noi trovi la chiave per aprire tutte quelle che ritiene di voler attraversare, possegga le chiavi giuste per sigillare quelle che non vuole più incrociare, e abbia qualcuno che al momento opportuno attraversi con lui i cancelli dorati del paradiso.